Il Monte di Portofino

La zona collinare, amatissima dagli escursionisti, è forse la parte più minacciata: i veri abitanti ormai sono pochissimi, esistono tentativi di aumentarvi l’edificabilità e si continuano a realizzare interventi di ripristino che snaturano le caratteristiche del paesaggio. L’area rischia perciò di trasformarsi in una zona di ville e villette, più o meno lussuose, e di perdere la sua bellezza naturalistica.

Questo territorio è scomodo e impervio ma ricco di sorgenti che hanno favorito l’insediamento umano fin dall’antichità. Un aspetto storico non molto noto è l’arrivo dei monaci nel 1300 che hanno innescato un rapporto virtuoso di lunga durata fra uomo e natura. Nella più estrema interpretazione di “ora et labora” hanno coniugato la propria visione spirituale e contemplativa con una innovativa organizzazione rurale di gruppo. Per scoprirlo:
http://www.parcoportofino.it/monaci/

Il promontorio di Portofino è formato da una roccia durissima che lo ha preservato dall’erosione subìta nei tempi dal resto della costa. Così la via consolare che univa Roma a Ventimiglia procedeva alle sue spalle, sul colle di Ruta escludendolo dal percorso principale.
Ma c’era un’altra direttrice pedonale usata dai pastori che dalle alture di Recco, tenendosi sul crinale entrava ne promontorio e raggiungeva i pascoli di Portofino, intersecando a Ruta l’Aurelia: ancora oggi è un modo alternativo per arrivare qui.
https://camminiditalia.org/via-del-sale/

La conservazione del paesaggio agricolo-collinare e il controllo della pressione abitativa sono forse gli aspetti più difficili da perseguire anche perché possono essere in conflitto tra di loro.

Nell’attuale contesto del Parco, conservare e valorizzare il paesaggio agricolo-collinare significa certo anche incentivare le attività agricolo-produttive, che però ormai sono diventate marginali sotto la spinta del turismo residenziale, ma anche mantenere immutate le caratteristiche agricole del paesaggio, composto da edifici di tipo rurale e oliveti che vanno mantenuti o recuperati dal loro abbandono.

Questo comporta, da un lato, incentivare la permanenza dei presidi abitativi, con la riduzione di una parte dei vincoli e dei disagi che attualmente gravano sugli abitanti ma senza annullare quel sistema di protezione che di fatto ha fin qui salvato l’area dall’urbanizzazione.  Dall’altro significa anche permettere di riqualificare solo l’esistente (case, rustici) senza creare opportunità di nuovi insediamenti ed autorizzare solo quegli interventi di riqualificazione che non snaturino né le caratteristiche agricolo-rurali degli edifici né quelle dei terreni e giardini di loro pertinenza.